Quando scrivi una tesi di laurea, di dottorato o di specializzazione, quasi sempre tu vuoi ottenere il massimo dal tuo lavoro:
vuoi che alla tua tesi venga attribuito il massimo punteggio per raggiungere il maggiore voto di laurea possibile;
oppure vuoi fare in modo che la tua tesi venga successivamente pubblicata e cominciare così una carriera nell’ambito della ricerca.
A tal proposito, dopo aver scritto cinque tesi nella mia vita, la lezione più importante che mi hanno trasmesso i miei tutor di dottorato e di specializzazione in Statistica medica è questo:
non sono i risultati ad essere importanti,
ma la correttezza del metodo attraverso il quale li hai ottenuti.
Ai fini della qualità del tuo lavoro, non ha importanza se il farmaco che hai testato non funziona; è importante che il risultato sia prodotto attraverso un disegno di studio opportuno, una corretta conduzione dell’esperimento e una adeguata analisi statistica dei dati.
E disegno, esecuzione e metodo devono essere scelti e giustificati con un razionale quanto più inattaccabile possibile.
Questo è quanto permette al tuo lavoro di fare il salto da “mediocre” ad “ eccellente” (oltre, ovviamente, all’impatto della tua ricerca).
E invece, la maggior parte degli studenti e dei ricercatori (e anche dei professori), quando viene chiesto loro del perché una particolare tecnica statistica è stata utilizzata la risposta è del tipo:
“perché anche in altri articoli l’hanno utilizzata”;
“perché il mio software utilizza questa analisi per il mio tipo di esperimento”;
“perché è una convenzione per questo tipo di dati”.
Queste sono tutte frasi in codice per evitare di dire “non ne ho idea”.
Ora la domanda che ti devi fare, quando devi analizzare i dati del tuo lavoro, è:
“voglio la mediocrità o l’eccellenza?”
THAT’S IT!
Ti serve aiuto? Contattaci
[contact-form-7 id=”140″ title=”Modulo di contatto 1″]